Lettera di Natale, G.C.

"Il Reduce d'Africa" natale 2010

     E poi hanno il coraggio di chiedermi, mentre sto al pranzo del 25,  perché ce l’ho col Natale. Beh visto che a Natale non si può mai fare a meno di pensare a quando eravamo ancora ragazzini, se proprio volete saperlo neanche me lo ricordo più il mio ultimo Natale. L'ultimo vero, voglio dire. Quello in cui ancora non sapevi che tutta quella suggestiva faccenda su Gesùbambino era solo una dannata bufala e che  i regali  sotto l’albero te li compravano i tuoi svenandosi alla Standa. Per quanto, a dire la verità, di buoni ce ne erano stati anche dopo. Quando, dico, ormai sapevi benissimo che i lievi rumori che dal tuo letto potevi sentire arrivare di notte attraverso la porta chiusa della tua stanza non erano provocati da Gesùbambino ma dagli adulti della tua famiglia che si aggiravano furtivi per casa per farteli trovare la mattina dopo belli pronti sul pavimento sotto l'albero. Sì, perché diciamo la verità, alla fine quello che importava era che i regali sotto l’albero ci fossero e in quanto a poi chi ce li aveva messi ce li aveva messi  e buonanotte al secchio e alla tua innocenza. Poi tutto però era andato completamente a catafascio con l'arrivo di quel grassone di Babbo Natale.  Sì, perché diciamo le cose come stanno, Gesùbambino  sì che era stata una faccenda seria. Mica lo vedevi,lui. Lui era un mistero, una luce nella notte che  non potevi vedere ma che ti dava lo stesso il batticuore impedendoti di dormire e la cui prova della sua esistenza erano i regali che trovavi in casa la mattina dopo. Una casa diversa, da quella del solito. Visitata da una entità misteriosa, magica. Volete mettere con quell’osceno grassone ridanciano con la barba bianca che vestito di rosso e coi suoi  sorrisoni da mezzano finita la guerra aveva preso il posto di Gesùbambino comparendo davanti ai supermercati a agitare, come non bastasse il vestito rosso per farsi notare, perfino una campana? In sostanza era stato lui a fare fuori Gesùbambino. Da prenderlo a spintoni per tutta la lunghezza del marciapiede, altro che storie. No, guardate, se non volete litigare meglio proprio non parlarne, di quell'Erode di Gesùbambini che era stato Babbo Natale.
     Bene, e allora, visto che ne parliamo, di quei lontani Natali, parliamo anche di quell'altra cosa stupenda che erano gli alberi di Natale, se non vi dispiace. Il mondo, come tutti sanno, a Natale si dividedeva, e ancora si divide, in alberisti e presepisti. C’è chi fa l’albero e chi fa il presepe. Niente da dire, su questo. A ognuno i suoi gusti. Poi ci sono anche i megalomani che fanno tutti e due ma quelli non contano. I megalomani sono gente che non conta. Lo sanno anche loro e per quello fanno i megalomani. Nell’inutile tentativo di contare. Beh in ogni caso a casa mia - forse perchè eravamo di origine nordica dove, come si sa, gli alberi di Natale prevalgono su quelle messinscene sudiste che sono i presepi - eravamo alberisti. E così nella mia infanzia, costasse quel che costasse e qualunque le circostanze - assenza di mio padre in prigionia nel deserto o mancanza di soldi nel dopoguerra milanese -  l’albero bisognava farlo. E non solo, ma anche alto fino al soffitto. E allora in quei Natali, quando ancora la  plastica non si era messa a invaderci perfino i buchi delle orecchie, era tutto un tirare fuori da scatoloni tenuti per tutto l’anno in soffitta quelle vecchie palle di vetro di varie dimensioni, magari un po’ scrostate ma comunque lucide, coloratissime e di una leggerezza e fragilità quasi oniriche che servivano per addobbarlo. E il rumore di quelle palle  quando, arrampicato su una scala per addobbarlo, ne facevi cadere qualcuna sul pavimento mandandola in mille piccole scaglie? Un rumore lieve, secco e tragico nella sua irrimediabilità. Il crac del cuore spezzato di un angelo espulso ingiustamente dal paradiso, quel rumore lieve e tragico.
     Meno male c’erano i mandarini, a sostituirle quando se ne rompevano troppe. Sì, perchè era con quelli, oltre che con certi piccoli torroncini chiusi dentro scatolette di cartone colorate e disegnate con disegni di Giotto che, non essendoci i soldi per ricomprarle, si sostituivano le palle schiantate sul pavimento. Oltre che con le candeline. Quelle vere, quelle di cera naturalmente. E spesso erano proprio loro, le candeline, a provocare le perdite delle palle. Quando tremanti e in bilico sulla scala si cercava di accenderle. Perchè provateci voi a stare in bilico su una scala a sporgervi con un fiammifero acceso tra le dita tra i rami odorosi di resina che vi pungevano la faccia, e accendere una candelina senza urtare neanche una palla di vetro. Sì, faccenda da acrobati professionisti, l’addobbo dell’albero di Natale, altro che storie.
     E quando dopo l’epifania tutte le feste si porta via bisognava smontare l’albero?  Beh, quello era ancora peggio perché nelle due o tre settimane passate in casa lui - oltre essersi svuotato di tutti i torroncini che facevi fuori magari di notte quando gli altri dormivano e lasciando appese tra i rami  solo le scatolette vuote - si era così rinsecchito che i suoi aghi erano diventati così duri e pungenti da rischiare di accecarti gli occhi. Sì, era per quello  - oltre che per la tristezza del Natale ormai finito  e di tutti i torroncini fatti fuori  - che  quando si smontava l’albero  si imprecava molto di più di quanto non si fosse imprecato pungendosi nel montaggio. Sì, faccenda da nervosi, iconoclasti fachiri, lo smontaggio dell’albero, altro che storie.
     Tutto sommato faccenda meno acrobatica e pericolosa mettere su un presepe. Cosa che a volte, nella mia infanzia milanese e visto che noi eravamo alberisti, andavo a fare a casa di qualche mio amico. A parte la mancanza, non secondaria, dei torroncini, bisogna dire che in effetti  mettere su un presepe non era poi neanche tanto male. Quando tenevi in mano il muschio - quello vero, dico, che andavi a staccare dagli alberi del Parco Sempione o dalla fontana dell’Acqua Marcia -  provavi una specie di circospetta cautela quasi simile a quella che dovevi usare con le palle d vetro dell’albero. E lo stesso era quando tenevi in mano le pecore o i pastori di gesso. Chissà perché, visto che non c’era il rischio di romperli. Ancora più cautela, poi, ti veniva da usarla quando tenevi in mano Gesubambino, così roseo da aver paura di fargli male, o la Madonna, di solito inginocchiata e chiusa nella sua veste celeste. Mentre diverso era invece il caso dei  Re Magi. Loro infatti potevi perfino un po’ snobbarli, visto che tanto erano pressoché degli estranei che si facevano vivi solo  all’Epifania. Ma era soprattutto con San Giuseppe, che non sapevi bene come comportarti.
     E qui siamo al punto più importante, per quanto riguarda mettere su i presepi, San Giuseppe. Sì, perché lui infatti non incuteva mai niente. Né rispetto nè timore né qualsiasi altra cosa. Beh, vi dico subito che se, come credo si sia capito, ormai da  un pezzo sono parecchio seccato per come si sono messi i Natali, una delle ragioni è anche dovuta al fatto che  ancora oggi  nessuno gli dà un po’ di considerazione, a  San Giuseppe. Anche nei presepi di adesso. Anche in quelli sterminati e con tanto di sponsor che mette su il Comune. Sempre la stessa faccenda, per San Giuseppe. Anche lui inginocchiato vicino a Gesubambino come la Madonna, sì,  ma sempre dentro un mantello squallidamente marrone, sempre con l‘aria di essere appena rientrato nella grotta dopo aver fatto la legna o spazzato via dal pavimento gli escrementi del bue e dell’asino. Uno con l’aria di averne passate di tutti i colori di cui una, diciamo la verità, piuttosto tosta come ritrovarsi la moglie messa incinta da non si capiva bene chi, San Giuseppe. Uno sfigato come pochi. Succube della moglie e degli eventi. Così San Giuseppe. E il fatto, poi, che nei duemila anni seguenti sono state scritte intere biblioteche sulla Madonna e niente su di lui? E il fatto, ancora più grave, che lui non lo vede mai nessuno? Sì, spiegatemi questa. Per duemila anni e ancora oggi un sacco di gente va in giro dicendo di aver visto la Madonna, certi magari diventando perfino santi, e mai nessuno, dico nessuno, che dica di aver visto San Giuseppe. Roba da far pensare che se pure qualcuno magari qualche volta lo ha visto se ne è stato zitto per paura di essere rincorso e riempito di botte da tutti quelli che invece vedono la Madonna, altro che storie.
     Sì, proprio mai nessuna considerazione da parte di nessuno, per San Giuseppe. Neanche da parte dei suoi capi su nel Regno dei cieli ai quali pure gli aveva fatto comodo, fargli fare da prestanome in tutta la faccenda della nascita di Gesùbambino. Altra inconfutabile prova che da quelle parti, parlo del Regno dei Cieli, nonostante tutta la pubblicità in proposito, non se li filino mica più di tanto, i poveri cristi della terra.  Volete un'altra prova di come nel Regno dei Cieli snobbino i poveri cristi qui giù sulla  terra perfino a Natale? Va bene, allora prendete la Piccola Fiammiferaia. Solo un sacco di retorica buonista, su quella povera bambina sotto la neve all’angolo di una strada a soffiarsi sulle dita per scaldarsi in attesa di morire di freddo e di fame nella notte di Natale e che poi riceve dal cielo un sacco di cose buone da mangiare. Beh, sapete come invece come, secondo quello scrittore che la sapeva lunga sui rapporti tra cielo e terra che era Ambros Bierce, erano andate in realtà le cose? Che il Padreterno, vedendola sofferente e affamata a soffiarsi sulle dita, decideva di farle un bel regalo di Natale spedendole dal cielo della roba da mangiare, sì, ma anche, una volta dato l’ordine in proposito, mettendosi a fare cose più importanti e  dimenticandosi così di far chiudere in tempo il rubinetto, per così dire. E con che risultato? Che per mezzora dal cielo aveva continuato a piovere una  quantità terrificante di derrate alimentari come sacchi di farina, quarti di bue, maiali già arrostiti, tacchini da trenta chili, casse di frutta e verdura e quant’altro, come dicono  quelli che sanno darsi un tono. Insomma tanta di quella roba che la gente si era precipitata fuori dalla case a far provvista di tutto quel, è il caso di dirlo,  ben di Dio. Ultimo a arrivare era stato un certo Tom che, dato il ritardo con cui era arrivato , tutto quello che aveva trovato era stata la Piccola Fiammiferaia spiaccicata come una sfoglia di pasta fatta in casa sull'asfalto della strada per tutta quella roba che le era caduta addosso. Al che, non essendoci più altro da prendere, l’aveva staccata con cura dall’asfalto, se l’era arrotolata sotto il braccio e poi l’aveva portata a casa dove la moglie, dopo averla srotolata sul tavolo della cucina, gli aveva detto che era proprio uno scemo. Ma come, tutti gli altri avevano preso roba da mangiare come sacchi di farina e quarti di bue e lui tornava a casa solo con una carta geografica?
     Ecco come nel Regno dei Cieli tengono in consierazione i poveri cristi della terra perfino a Natale. San Giuseppe compreso. Da chiedersi perfino perché i suoi capi lo abbiano fatto santo. Per pubblicità? Per tenere buoni tutti i San Giuseppe della terra facendogli sapere che, campa cavallo, anche loro un giorno potrebbero  diventare santi? Mah, perché no, ormai li conosciamo, che tipi sono là nel Regno dei Cieli, e potrebbe anche essere. Comunque cosa volete che vi dica, forza a tutti i San Giuseppe che ci sono in giro. E, se ancora ha qualche senso dirlo,  Buon Natale a tutti.

G.C.