Siederemo in paradiso - Melville a Hawhtorne

  • ....  Cio che mi sento piu spinto a scrivere, quello viene bandito, non rende. Eppure, nell'insieme, non riesco a scrivere nell'altro modo. Cosi alia fine il risultato è un garbuglio, e tutti i miei libri sono delle rappezzature. Forse si sente un po' di dolore in questa lettera; ma vedi la mia mano!  quattro vesciche su questa palma, fatte da zappe e martelli negli ultimi giorni. E una mattinata piovosa; cosi sono in casa, e tutto il lavoro è stato sospeso. Mi sento predisposto all'allegria, e percio scrivo un po' malinconicamente. Vorrei avere qui del gin! Se mai, mio caro Hawthorne, nei tempi eterni a venire, siederemo in Paradiso, da soli, in qualche angolino ombroso; e se in qualche modo riusciremo ad introdurvi di contrabbando un cesto di champagne (non credo in un Cielo della Temperanza), e se poi incroceremo le nostre gambe celesti sull'erba celeste che è sempre tropicale, e faremo tintinnare insieme i nostri bicchieri e le nostre teste, finche non risuoneranno armoniosamente in accordo, allora, mio caro fratello mortale, come parleremo piacevolmente di tutte le varie cose che ora ci affliggono tanto, quando tutta la terra sarà solo un ricordo, si, la sua dissoluzione finale una cosa di altri tempi. Allora verranno composti dei canti come quando finiscono le guerre; canti comici, divertenti, «Oh, quando vivevo in quello strano, piccolo buco chiamato mondo», oppure, «Oh, quando faticavo e sudavo la sotto», oppure, «Oh, quando colpivo e venivo colpito nella lotta» si, prefiguriamoci cose simili. Giuriamo che, sebbene ora sudiamo, questo avviene a causa dell'arsura secca, indispensabile al nutrimento della vite che farà l'uva che ci darà poi lo champagne.
  • Ma stavo parlando della «Balena». Era «alle ultime com­pulsioni, come dicono i pescatori, quando l'ho lasciata circa tre settimane fa. Fra poco, tuttavia, la prenderò per la mascella, e la finirò in un modo o nell'altro...